La sua situazione come Comune autonomo è storia recente: prima del 1948 l'odierna compagine territoriale di Venticano faceva parte di un più grande Comune limitrofo, quello di Pietradefusi.
Il mal governo e il conseguente malcontento della popolazione venticanese indussero ad alimentare un movimento separatista che auspicava al distacco dal potere amministrativo pietradefusano.
Il movimento ebbe successo e culminò con il D.Lg.vo n.665 del 21 aprile 1948 del Presidente della Repubblica Enrico De Nicola, nel quale si sancì la definitiva separazione da Pietradefusi e la costituzione di un nuovo Comune che, sotto la denominazione di Venticano, comprendeva i territori delle frazioni di Campanarello, Castel del Lago e Calore.
Evidentemente la scissione fu un toccasana per lo sviluppo del paese: l'impulso all'economia divenne fortissimo, grazie alle qualità lavorative e alla ferrea volontà degli abitanti.
I governi che si sono succeduti hanno concentrato il loro operato esclusivamente sulla crescita del territorio da cui provenivano, contribuendo non poco a rendere oggi Venticano uno dei Comuni più propositivi e avanzati della Provincia di Avellino. Le proprie origini sono state non solo conservate ma anzi tutelate ed esaltate, fino a farne l'esempio di un territorio in cui regna un perfetto equilibrio di innovazione e tradizione.
Pare che la denominazione di "Venticano" risalga a tempi storici molto antichi.
Lo scrittore Scipione Bellabona, seguendo un'antica versione, fa risalire il nome di Venticano a "Castrum Venticani", fornendo due interpretazioni: 20 trionfi riportati in battaglia dai Romani, oppure un villaggio retto da un mitico governo di 20 saggi.
Il ritrovamento di frammenti di terracotta nell'intera area comunale fa pensare che il suo territorio fosse giurisdizionalmente legato alla colonia romana di Eaclanum.
Il toponimo Vetticano compare già in una pergamena che era conservata presso il monastero di S. Vincenzo ereditario e datata giugno 776, riferita al Duca Arechi II di Benevento nella causa trentennale fra il Monastero e gli eredi Alahis per il possesso di alcuni beni di Isernia e le Condome in località Missano Crissano e Vetticano - (Riportato anche nel Chronicon Vulturnense, I).
Nell' 815 nasceva la Condoma di Casale Venticano di Civitate Beneventana, cioè la casa abitata in comune da una famiglia di servi legati ad un solo proprietario e quindi comprati e venduti col suo stesso fondo agricolo. La Condoma prese a formare il Casale di Venticano (gruppo di poche case rurali).
Il "Casale Vetticano" torna in un documento databile tra l'853 e l'856 in cui l'Abate Giovanni di S.Vincenzo cita un precetto del Duca di Benevento relativo al Casale chiamato Casa Summi scambiato con il Principe Salernitano Ademari in cambio di "rebus et cohorte" in Monte Calvu e in Casale Vetticano.
Fonti dell'881 indicano con chiarezza il "loco Venticano", un posto di frontiera, che si trovava tra il confine di due principati: quello Citeriore (con Benevento) e quello Ulteriore (con Salerno); il confine, infatti, passava vicino alle terre di montagna di Montefusco, che dista da Venticano solo 12 Km.
L'atto di donazione dell'881, fatto dal Principe di Benevento Radelchi II, con il quale si sancì che queste terre rientrassero nel novero delle proprietà gestite dal Monastero di S.Sofia di Benevento, dimostrano che il Casale fosse sottoposto alla giurisdizione del Principato Citeriore.
In vari documenti dell'epoca "Venticano", è indicato come sede di un importante "cenobio" (Monastero), quello di S.Maria; il fatto che lo stesso Monastero risulti anche nel Codice Diplomatico Virginiano, dimostra l'esistenza storico-giuridica del territorio di Venticano già nel 1165.
Lo stesso anno le terre del Monastero di S.Maria di Venticano vennero assoggettate dal milite Manasse e con una sentenza del giudice Petro di Castello Torasie vennero donate da questi all'Abate Domino Roberto di Montevergine.
Da questo momento in poi il casale di Venticano risultò al centro di una contesa tra il Monastero di Montevergine e l'Abbazia di S.Sofia di Benevento. Un documento del 1221, infatti indica l'appartenenza del casale di Venticano all'Abbazia di Benevento.
Tuttavia, nel 1300, esso tornò sotto la giurisdizione dei virginiani; accadde che il Conte Petricone Caracciolo possedeva la terra di Sicignano nel principato Ulteriore. Quì vi era un feudo "Del Galdo" che apparteneva a Montervergine.
Per raggiungere l'unità territoriale il Conte propose ai monaci di inglobare il feudo "Del Galdo" lasciando, comunque, lo "jus del Pasco" e, in cambio, cedere un'altra sua proprietà, il casale di "Venticano" che era quasi distrutto.
L'abate virginiano del tempo, Guglielmo IV, lo riedificò e vi costruì la Chiesa di S.Maria (da non confondersi con l'ormai inesistente monastero), e ne fece un'Abbazia. Inoltre sancì che l'Abate avesse non solo le mansioni spirituali, ma che esercitasse anche la giurisdizione civile sui pochi abitanti.
Venticano ebbe, quindi, una propria Abbazia, un proprio Monastero e dei propri beni. Questo almeno fino al 1300.
In più, l'Abbazia aveva il compito di riscuotere la tassa sul pedaggio, da cui nacque poi la borgata Passo ora frazione Passo di Venticano.
Sulla trave portante del tetto dell'osteria, dove si esigeva il passo, l'Abate fece apporre lo stemma virginiano, lo stesso che si trovava nella chiesa di S.Maria.
Il modo in cui l'Abbazia, qualche anno dopo ritornò di appartenenza a S.Sofia di Benevento non è dato sapere: certo è che nella Bolla di Clemente VI da Avignone, datata 25 maggio 1350, il luogo è menzionato ancora come "Castrum Venticani" in dotazione dell'Abbazia beneventana.
Un'ulteriore conferma di questo "passaggio di proprietà" è dato dal fatto che, nel 1374 l'Abate Giovanni di S.Maria di "Venticano" partecipò al Concilio Generale indetto dall'Arcivescovo Ugo di Benevento (Orsini, Synedicom, p.291).
Nel 1394 il feudo appariva completamento disabitato: la devastazione provocata dalle lotte tra gli Angioini e Aragonesi e la paura per l'epidemia del colera indussero la popolazione a rifugiarsi nelle frazioni vicine.
Nel 1499 Giovanni Borgia compare come signore del feudo che, più tardi, rientrerà nei possedimenti della nobile e potente casata dei De Tocco di Montemiletto, i quali ne gestirono le rendite fino all'abolizione dei diritti feudali (1806).
Nel 1527 Venticano fu distrutto prima dai francesi con a capo Lautrec e, poi, dalla grande epidemia della peste.
Intanto l'Abbazia veniva affidata in commenda al Cardinale Cesare Baronio e, dopo la sua morte, avvenuta nel 1606 alla Biblioteca Vaticana che mantenne in vita il Casale fino al 1800.
Nel 1806 il Casale di Venticano fu distrutto nuovamente dalle truppe del Generale Championet.
Si salvarono soltanto la Chiesa e la Torre Campanaria forse per questo motivo, assunse la denominazione di "Campanariello", come citato negli atti dei notai e in periodici e pubblicazioni del tempo. Con la stessa terminologia appare, infine, citato nel 1898 come frazione del Comune di Pietradefusi, nella cui condizione resterà fino al 1948.
Dalla sua autonomia amministrativa Venticano, non immune dalla grave crisi post-bellica, ha conosciuto varie vicissitudini ed ha visto attuarsi il fenomeno migratorio, comune all'intera nazione che ha indotto alcuni cittadini a lasciare la loro terra, convinti di trovare fortuna nelle grandi città d'Italia o, addirittura nei paesi d'oltre oceano. Gli stessi cittadini a tutt'oggi continuano a mantenere col loro paese d'origine un profondo legame, ritornandovi spesso e operandosi per conservare le antiche e tanto care tradizioni, come ad esempio la festa patronale, appuntamento atteso e vissuto con grande partecipazione.
Il paese, attraversato dall'importante Via Regia delle Puglie che collega la sponda del Tirreno a quella dell'Adriatico, resta una delle strade più frequentate ed è stata strategicamente una delle più importanti del meridione d'Italia fino alla metà del novecento.